
Inconscio animale
🐾 L'Inconscio Animale: Tra Sogno, Retaggio e Scopo di Vita
La mia visione sull'interiorità non umana
1. Premessa
La scienza moderna tende a descrivere il comportamento animale attraverso modelli misurabili, evitando con cura ogni riferimento a concetti psichici profondi come l'inconscio, per timore di antropomorfismo o per rigidità epistemologica. Questa cautela spesso mi lascia perplesso: in fondo, noi esseri umani siamo mammiferi, e la scienza stessa ci insegna che l'evoluzione ha plasmato le specie seguendo, fino a un certo punto, percorsi simili. Se l'uomo possiede una psiche complessa, perché il cane, discendente dal lupo e co-evolutosi con la nostra specie per migliaia di secoli, non dovrebbe aver sviluppato meccanismi psichici analoghi, seppur in forma più arcaica e funzionale?
Le mie osservazioni quotidiane sui cani — i loro sogni, le inibizioni apprese, una spiccata sensibilità sociale, le reazioni che appaiono non razionali, le paure inspiegabili e la costante ricerca di uno scopo — mi indicano chiaramente l'esistenza di una vita psichica non cosciente e profondamente motivata, che va oltre il mero riflesso o condizionamento. È da queste riflessioni che nasce la mia visione.
2. L'Inconscio Esiste. Anche nei Cani.
L'inconscio, inteso come insieme dinamico di contenuti, impulsi, emozioni e memorie non accessibili alla coscienza, non è un'esclusiva dell'essere umano. Non ha una sede anatomica certa, ma si manifesta:
- Nei sogni
- Nelle paure improvvise e immotivate
- Nei comportamenti regressivi
- Nell'attesa relazionale, ovvero quella tensione interna e anticipazione emotiva legata alla presenza o al ritorno di un altro essere significativo, come l'umano di riferimento. Non è solo l'attesa del cibo o della passeggiata, ma il desiderio profondo di riconnessione, riconoscimento e interazione affettiva.
- Nelle azioni impulsive o inibite senza ragione apparente.
I cani sognano: hanno fasi REM, movimenti onirici, vocalizzazioni notturne.
Dunque, vivono rappresentazioni interne non controllate. Questa, per me, è la definizione stessa di inconscio funzionale.
3. Freud: Es, Io e Super-Io. Metafora o Realtà Operativa?
Senza affermare che i cani abbiano una struttura psichica freudiana nel senso pieno e simbolico, io uso questi concetti come strumenti descrittivi per comprendere la loro dinamica interiore. Per evitare qualsiasi antropomorfizzazione diretta, ho ridefinito questi termini nel contesto canino:
Struttura Freudiana Mia Ridefinizione per il Cane Equivalente Osservabile nel Cane
Es L'Impulso Istinti primari e impulsi irrefrenabili (fame, gioco, accoppiamento, attacco, fuga, esplorazione). La forza vitale pura e istintiva.
Io La Mente La capacità di autoregolarsi e mediare tra impulso e realtà. È la parte che permette al cane di inibire il salto sul divano se il padrone si mostra contrariato, o di aspettare il comando prima di mangiare. È la gestione della realtà esterna.
Super-Io (funzionale) La Norma Le regole sociali interiorizzate, apprese nel legame affettivo, che portano il cane a non agire certi impulsi anche in assenza di comando o punizione. Un cane che non ruba il cibo dalla tavola anche se solo, o che non salta addosso agli ospiti, ha interiorizzato una regola basata sulla relazione.
Il cane, dunque, non ha una morale simbolica, ma possiede un sistema relazionale che modula il comportamento in modo simile a un Super-Io arcaico. Questa è la mia interpretazione.
4. Jung: L'Inconscio Collettivo. L'Eredità Ancestrale Canina.
Andando oltre l'esperienza individuale, io ipotizzo per i cani un "inconscio collettivo", un deposito di archetipi o modelli innati di comportamento e percezione, ereditati dalla storia evolutiva della specie e dalla sua profonda co-evoluzione con l'uomo. Non si tratta di esperienze individuali, ma di forme universali che emergono senza un apprendimento diretto. Questi retaggi genetici e transgenerazionali sono sempre più studiati e confermati dalla scienza:
- Esperimenti sui topi hanno dimostrato che la paura di un odore specifico (associato a uno shock elettrico) può essere trasmessa alle generazioni successive anche se i cuccioli non hanno mai incontrato quello stimolo, mostrando una maggiore sensibilità e reazione a quell'odore. Questo suggerisce una forma di "memoria" genetica del pericolo.
- Nei bambini, la ricerca ha rivelato paure innate verso stimoli che hanno rappresentato minacce significative nella nostra storia evolutiva. Ad esempio, studi sulla dilatazione delle pupille di neonati di soli sei mesi hanno mostrato una risposta di paura maggiore alla vista di serpenti o ragni rispetto ad altri animali innocui o fiori, ancor prima di aver avuto esperienze dirette o appreso di doverne temere.
Questi studi, seppur su specie diverse, rafforzano la mia convinzione
- La paura del bastone: Molti cani mostrano un timore o una cautela istintiva verso il bastone, anche senza aver mai subito violenza. Per me, questo può essere un archetipo tramandato, un residuo psichico di millenni di interazione con l'uomo, che ha spesso usato il bastone come strumento di gestione, controllo o minaccia.
- La paura del ventilatore a soffitto: Una reazione inspiegabile di timore verso un oggetto innocuo come un ventilatore a soffitto può rimandare a un archetipo del predatore rapace. Il movimento circolare, l'ombra proiettata e il rumore dall'alto potrebbero attivare una risposta di fuga ancestrale, forgiata nel lungo corso dell'evoluzione quando i rapaci rappresentavano una minaccia reale.
L'inconscio collettivo canino sarebbe dunque un serbatoio di risposte pre-programmate, un eco delle sfide e delle dinamiche che la specie ha affrontato nel corso della sua storia.
5. Adler: I Compiti Vitali. Il Cane in Cerca di Scopo.
Alfred Adler sottolineava come gli esseri umani siano motivati da "compiti vitali" fondamentali. Ripensati in chiave canina, questi compiti si manifestano in una forma più basilare e istintiva, ma non meno potente. Per me, si possono riconoscere così:
- Compito dell'Amore e dell'Affetto (L'Appartenenza): Ogni cane è profondamente alla ricerca di amore, affetto e connessione. Sono animali sociali la cui sopravvivenza e benessere dipendono dal loro legame con il gruppo. Il bisogno di contatto fisico, la ricerca di approvazione, la sofferenza per la separazione e la loro capacità di manifestare empatia verso i nostri stati d'animo, sono espressioni primarie di questo compito vitale.
- Compito Sociale (La Comunità): I cani vivono in funzione del legame e della loro posizione nel "branco", che sia la famiglia umana o un gruppo di pari. La loro socialità si manifesta nel gioco cooperativo, nella comunicazione non verbale, e nel desiderio di interagire armoniosamente. Un cane isolato o escluso non può realizzare appieno questo bisogno intrinseco.
- Compito del Lavoro/Utilità (Lo Scopo): Contrariamente all'idea di un cane ozioso, io credo che ogni cane aspiri a sentirsi utile, a manifestare le proprie competenze innate e a contribuire al benessere del gruppo. Che si tratti di "fare la guardia", "portare oggetti", "guidare il gregge" (anche se solo idealmente), o semplicemente "fare il predatore" attraverso il gioco, il cane ha bisogno di esprimere le proprie attitudini naturali. Negare al cane uno scopo, un "lavoro" in senso lato, può portare a frustrazione e comportamenti problematici, perché un bisogno profondo rimane insoddisfatto.
6. La Relazione come Spazio Psichico e il Linguaggio Altro.
I cani vivono in funzione del legame. La delusione del compagno umano, l'essere ignorati, l'essere esclusi dal gioco o dal branco, non sono solo "punizioni", ma esperienze psichiche che lasciano tracce durature. Io vedo un cane che può inibire spontaneamente un comportamento non per mero condizionamento, ma perché ha interiorizzato una regola sociale fondata sulla relazione e sul suo innato desiderio di armonia con la sua comunità, un desiderio che si manifesta anche nell'attesa relazionale.
Inoltre, la psiche animale opera su codici diversi da quelli verbali:
- Sensoriali
- Relazionali
- Affettivi
- Temporali
Questi possono essere pre-linguistici ma non pre-psichici. L'assenza di parola non implica l'assenza di psiche.
7. Contro il Riduzionismo e l'Antropocentrismo.
Ridurre l'interiorità animale a riflessi, rinforzi e condizionamenti è scientificamente comodo ma filosoficamente miope. Al contrario, io credo che riconoscere l'esistenza di un inconscio animale, di memorie collettive e di compiti vitali non significhi umanizzare il cane, ma riconoscere la profondità e la complessità della sua soggettività unica.
8. Una Nuova Prospettiva.
Quello che io credo si possa riconoscere è:
- Che l'inconscio animale esiste, anche se non localizzabile.
- Che i sogni sono una porta d'accesso a questa interiorità.
- Che comportamenti sociali inibiti e schemi reattivi inspiegabili possono derivare da una forma di Super-Io funzionale relazionale e da un inconscio collettivo di specie.
- Che i cani sono mossi da compiti vitali di affetto, socialità e scopo, essenziali per il loro benessere.
- Che questa visione può arricchire la comprensione etologica, la relazione che abbiamo con i cani e persino la riflessione filosofica sul non-umano.
📌 Conclusione
L'animale non è una macchina. Il cane non è un algoritmo riflesso. È un essere dotato di interiorità, sogni, memorie ancestrali, e un profondo desiderio di connessione e scopo.
E forse l'inconscio non è il privilegio dell'uomo, ma la condizione stessa della vita sentita e intenzionale.
✍️ A cura di:
Michele Amico, Educatore e Formatore cinofilo, pensatore libero, esploratore dell'invisibile.